Provincia

Alzheimer

 

Realtà assistenziale in Abruzzo

Cartello

 

dedicato a

Liliana, Dante, Alessandro, Fulvia, Adriana

 

TITOLO SCORREVOLE (vertic.)

PER LA MALATTIA DI ALZHEIMER NON ESISTE

ANCORA UNA CURA EFFICACE.

LA SUA GESTIONE RICHIEDE STRUTTURE E COMPETENZE SPECIFICHE,

CHE SUL TERRITORIO NAZIONALE STANNO COMPARENDO

SOLO NEGLI ULTIMI ANNI,

CON UNA MARCATA DISOMOGENEITA' NELLA COPERTURA DEL PAESE.

LA MAGGIORANZA DELLE FAMIGLIE DEVE FAR FRONTE IN MANIERA AUTONOMA A QUESTA EMERGENZA.

IL "RAPPORTO DEMENZA IN EUROPA 2006" DI ALZHEIMER EUROPE

INDIVIDUA IN 905.713 I CASI DI DEMENZA SENILE IN ITALIA

(1.55% SUL TOTALE DELLA POPOLAZIONE).

PIU' DELL'80% VIVE A CASA, ACCUDITO PREVALENTEMENTE DAI FAMILIARI".

NELLA FASCIA DI ETA' 30-59 ANNI SONO STATI RILEVATI 31.876 CASI.

 

 

Cartello

FLAVIA

e

  LILIANA

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Mi chiamo Flavia, la mia mamma si chiama Liliana ed ha ottanta anni, l'ha compiuti il sei giugno di questo anno.

 

TITOLO SCORREVOLE (orizz.) 

I PRIMI SEGNI DELLA MALATTIA 

Il vinaio da cui andava mamma ci disse: “stai attenta perché tua madre va in giro con tanti soldi dentro al borsellino, poi ci mostra il borsellino e ci chiede di prendere i soldi”. Allora sono andata a vedere il portafogli, in effetti aveva due milioni di lire dentro il portafogli. Una cosa assurda.

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Cartello

FLAVIA HA ACCUDITO LILIANA PER CINQUE ANNI

FLAVIA: Io ho tre bambini e questa decisione di portare lei qui, all’inizio non mi ha spaventato, non sapendo a cosa andavo incontro. Lei stava a Roma io stavo a Tivoli, era lontana, dovesse sentirsi male, almeno ce l’hai dentro casa…. Il periodo iniziale è stato terribile, perché lei si rendeva conto che gli stava accadendo qualcosa, per cui faceva delle azioni, poi dopo che le aveva fatte se ne rendeva conto e se ne dispiaceva, si metteva a letto, stava lì delle ore e non ridiceva neanche il perché. Non potevi rilassarti un secondo, dovevi stare sempre con mille occhi su di lei, anche a discapito dei bambini, perché magari lei aveva deciso di uscire di casa e la più piccola stava dentro la vasca da bagno ed io non potevo rivestirla, perché mia madre aveva deciso di andarsene. Cose stupide, che nel vivere di tutti i giorni ti affaticano, fai anche fatica a capire cosa stia succedendo, perché una persona malata di Alzheimer apparentemente sta bene, almeno fisicamente, nei primi anni della malattia, allora non la consideri neanche malata. Non capisci perché lei fa così. Non si chiudeva mai la porta, non te lo so descrivere, è una dimensione di sofferenza vera e propria, anche se poi intorno andava tutto bene, però dentro ti senti sofferente per una persona che è importante per te. 

 

Cartello

LILIANA

FLAVIA: Mamma è laureata in lettere antiche. Quando ero ragazzetta che facevo il liceo lei mi traduceva latino e greco, ero un po’ una capra sinceramente, e lei senza vocabolario. Qualsiasi cosa, se andavo a chiedergli una cosa di storia, perché dovevo fare una ricerca, lei ti diceva tutto, senza consultare nulla. Lei era così. Quindi vedere una persona di questo livello mentale degenerare così è davvero una cosa assurda, che non si riesce ad accettare.

  

Cartello

IL RICOVERO NECESSARIO

FLAVIA: È stato veramente una sconfitta non poterla tenere più con me. Non ce la posso fare, l’ho visto anche con i ragazzi che non ce la fanno proprio psicologicamente, anche perché lei era diventata violenta. A parte che lei adesso non capisce più, quindi sta qui o sta là per lei è uguale, però è più una cosa mia, è proprio una cosa mia, vado giù da lei perché la voglio vedere io, non che lei mi voglia vedere, non sa neanche chi sono.

 

 

 

Cartello

Quelle che seguiranno sono storie diverse con alcuni punti in comune.

 

 

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Testimonianze di familiari raccolte nel territorio della Marsica.

 

 

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STEFANO

e

DANTE

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STEFANO: Papà è morto di sindrome maligna neurolettica dovuta ai farmaci che doveva assolutamente prendere, perché era arrivato ad un punto che non dormiva più la notte, quindi: usciva dalla stanza, rompeva oggetti…….

 

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STEFANO

STEFANO: Mia madre è morta quindici anni fa, mio padre era vedovo, ho solo un fratello. Avevo una moglie! Quindi, poi mi sono ritrovato praticamente da solo. Da solo, con l’aiuto di un fratello di mio padre. Lasciamo perdere altri parenti ed amici, che sono scomparsi e per fortuna questa ucraina molto brava. Tra l’altro abbiamo fatto venire anche la figlia, per aiutarla a non soffrire troppo la solitudine.

 

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DANTE

STEFANO: È stato assessore regionale nel ’74. Era presidente della associazione invalidi civili. A Roma aveva due uffici, uno a via dei Prefetti, uno a via del Tritone. Quindi era una persona molto attiva, dal punto di vista politico era molto conosciuto. Era comunque presidente del partito socialdemocratico della regione Abruzzo. Conosceva Saragat, ha girato il mondo, perché come assessore al turismo, sport e spettacolo aveva anche rapporti con altre nazioni. Era una persona molto intelligente, buona, vivace. La malattia l’ha completamente trasformato, ha cominciato a diventare egoista, cattivo, prepotente. Di conseguenza, poi, questo abbandono automatico degli amici.

 

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IL DISAGIO

STEFANO: Un disagio lavorativo fino ad un certo punto, perché io mi buttavo sul lavoro proprio per non pensarci.  Disagio anche nei rapporti sentimentali perché io mi sono separato con mia moglie, più o meno, un anno dopo la malattia di mio padre. È difficile spiegare, emotivamente, il disagio che prova chi sta accanto ad un malato di Alzheimer, perché lo capisce solo chi gli sta accanto. Perché si vede davanti agli occhi una persona che perde completamente la propria personalità, il proprio carattere, la coscienza, regredisce. È una cosa veramente brutta, perché poi nei primi momenti si hanno anche degli sprazzi di lucidità nel malato, per cui se ne rendono conto. Cominciano a rendersi conto che stanno perdendo la vita, ma più che la vita e come se non fossero mai nati, perché la perdita della memoria è la cosa più brutta, secondo me, che possa accadere ad una persona.

 

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UN AIUTO ADEGUATO

STEFANO: Forse un aiuto specialistico, una persona che comunque conosce bene la malattia, che sa come comportarsi sarebbe stato, forse, molto molto meglio, certo. Le strutture sociali potrebbero dare un aiuto notevole: dei centri di assistenza, di volontariato, comunque coadiuvati da specialisti. Secondo me sarebbe molto molto positivo, si! Senza dubbio.

 

 

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IL MEDICO DI BASE

 

 

TITOLO SCORREVOLE (orizz.)

Dott. DONATO ARATARI, MEDICO DI BASE

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Dott. Aratari: I parenti molto spesso si rivolgono a noi proprio perché la fase iniziale è la fase peggiore per la famiglia.

  

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LA  DIAGNIOSI PRECOCE

Dott. Aratari: In effetti sarebbe bene che, vista l’incidenza via via maggiore della patologia, fossimo anche preparati un po’ di più, noi come medici di base a rapportarci con questo tipo di pazienti: cogliere inizialmente questi sintomi che fanno pensare ad una malattia del genere, perché questo ci consentirebbe di iniziare la terapia più precocemente e quindi cercare di allungare un po’ di più quello che è il tempo di relativo benessere del paziente.  L’unica cosa seria, in fondo, che possiamo fare noi è proprio quella di una diagnosi precoce.

 

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LA  CONDIZIONE SOCIO ASSISTENZIALE

Dott. Aratari: Pazienti di questo tipo, ovviamente, non fanno altro che gravare su strutture che sono inadeguate, perché sono le Rsa, le case per anziani, che non sono adeguate a gestire pazienti e patologie di questa portata. Oppure, ancora peggio, quando gravano addirittura proprio sulla famiglia.

 

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ALZHEIMER E TERRITORIO DELLA MARSICA

Dott. Aratari: C’è una carenza enorme in considerazione dell’aumento notevole della patologia nell’ambito del territorio. Perché è assurdo pensare che in un territorio come la Marsica non c’è una struttura….  Abbiamo diverse Rsa, diverse residenze assistite, però non abbiamo una residenza specifica per l’Alzheimer.

 

 

 

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ANTONELLA

e

ALESSANDRO

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ANTONELLA: All’inizio, i primi due anni, non lo potevamo mai lasciare solo perché se lui si allontanava c’era il pericolo che poi non ritrovava la strada. Gli siamo stati proprio dietro, non lo abbiamo mai lasciato. Se ci fosse stato un Centro Diurno mio padre sarebbe stato lì, in quel istituto, e noi saremmo stati più tranquilli. Invece gli siamo dovuti stare sempre dietro, non lo potevamo mai lasciare, perché avevamo sempre il terrore che lui non ritrovasse la strada, o si potesse far male, o poteva far male a qualcuno. 

 

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L’ASSISTENZA IN FAMIGLIA

ANTONELLA: Quando mangia è vorace, mette tutto in bocca, è capace di soffocarsi, dunque va imboccato. Oppure gli inizia una tosse… e mio padre perde i sensi, si fa tutto nero, è come se stesse morendo soffocato, poi si riprende. Sono tutte paure, soprattutto per mia madre che vede mio padre così, che tutte le volte subisce degli shock non indifferenti.

A parte la dottoressa che ti dà il farmaco, e tu comunque lo curi, gli dai il sonnifero la sera e lui dorme, se è tranquillo passa la nottata, però, poi dopo, ce ne sono tanti di problemi, e resti così, non hai risposte: che dobbiamo fare? Così non sai come ti devi comportare, non sai assolutamente nulla. Lo aiutiamo pensando noi quale è il meglio per lui, poi se sbagliamo nemmeno lo sappiamo.

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BADANTI

ANTONELLA: Noi abbiamo preso la badante.  Queste persone per fortuna che ci sono e ci aiutano, però, purtroppo non stanno più di due o tre mesi, vanno via, perché questi sono malati pesanti da assistere, perché ci vuole molta pazienza e molta forza fisica.

 

 

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ANNALISA

e

FULVIA

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Cartello

FULVIA NON ACCETTAVA LE BADANTI

ANNALISA: Provai tre o quattro volte con donne diverse, molte erano straniere, però, lei non si è mai trovata bene. Così trovai una signora molto gentile, che ci sapeva fare molto. Questa signora è stata a casa di mia madre un anno, giorno e notte. Comunque  mi resi conto che la cosa non era più gestibile, perché lei non ce la faceva più, mia madre cominciò ad urlare, lo faceva spesso anche di notte. Un giorno lei mi telefonò dicendomi che mia madre si era spogliata. Per cui mi chiesi: adesso come faccio? Io lavoro, come faccio con mia madre, anche portandola a casa con me, doveri trovare una persona che me la tenga almeno il giorno. Così decisi di acquistare un’altra casa più grande. Me la portai a casa e alla fine trovai una signora, che conoscevo da anni e si offrì lei di guardare mia madre tutto il giorno, e mamma con questa signora è stata molto bene, anche perché la conosceva bene. All’improvviso invece questa signora mi telefono un giorno dicendomi che mia madre si era spogliata, era uscita fuori seminuda, urlava e non voleva rivestirsi. Io andai là di corsa, andai a vedere, infatti c’era mia madre seminuda, non voleva rientrare, non voleva rivestirsi, urlava dicendo parole senza senso. Quello per me fu un trauma. Mia madre cambiò molto e rapidamente. L’assistente sociale mi disse che per la malattia di mia madre qui non esisteva una Rsa adeguata, e che l’unica si trovava a Fontecchio, in Abruzzo era l’unica.

 

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DA UN ANNO IN RSA

ANNALISA: Quindi non mi sono trovata bene, io sono stata malissimo, ho avuto una depressione molto forte, ho avuto sensi di colpa, ho avuto rimorso nel ricoverare mia ladre là, e sono stata veramente male, perché poi io mi ricordo lei quando stava bene, quando riusciva a risolvere qualsiasi problema anche con noi figli. Poi vederla così, portarla là dentro, chiusa, e non poter badare a lei, perché comunque io avevo una famiglia, dei figli. Io sono stata malissimo, sono stata per otto mesi con delle crisi di pianto. Andavo là tutti i giorni, anche due volte al giorno.

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LUIGI

e

ADRIANA

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LUIGI:  Mia madre è ancora nella fase iniziale della malattia di Alzheimer. Sono praticamente due anni, da agosto 2003 abbiamo iniziato a frequentare il centro U.V.A. di Roma al  S. Camillo. Con il primo incontro venne inserita nel progetto Cronos, gli venne dato il farmaco, che purtroppo non ha tollerato, non ha dato effetti positivi, ma soltanto collaterali. Già da quei primi passi io ho cominciato a verificare sul territorio, nella zona dove abitava mia madre, a Carsoli, quali fossero le strutture che in qualche modo potessero venirci  in contro, che si occupassero di questa patologia, ma in realtà non c’era e non c’è a tutta oggi nulla, non solo a Carsoli ma in tutto il territorio della marsica.

 

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L'UNICA REALTÀ È QUELLA DEL CENTRO U.V.A. DI PESCINA, PRESSO IL QUALE ADRIANA VIENE SEGUITA DA GENNAIO 2005

LUIGI:  A ridosso del fallimento del farmaco del progetto Cronos mi resi conto che mia madre non poteva più stare da sola. Va detto che sono figlio unico, vivo a Roma da molti anni e mia madre ha sempre vissuto da sola soprattutto dopo la morte di mio padre nel ‘97. lei non ha mai avuto problemi, però a ridosso di questa malattia ha cominciato a manifestare difficoltà nella gestione della casa, anche una certa aggressività, insomma stava cambiando, il comportamento non era più quello solito di mia madre.  Sono stato costretto a prendere una badante, però è andata male perché mia madre non l’ha accettata. In fine la badante è dovuta andare via, ed io non ho trovato soluzioni diverse, sono stato, appunto, obbligato a ricorrere a questa soluzione di un ricovero in una residenza assistenziale (R.A.). però più che di un ricovero io avrei avuto bisogno, come tutte le famiglie che hanno un familiare con la malattia di Alzheimer, avrei avuto bisogno di un aiuto affinché mia madre potesse rimanere nel proprio ambiente.

 

 

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U.V.A.

Unità Valutativa Alzheimer

di PESCINA

                                                              

Dott.ssa LECHIARA:  I centri Uva sono nati in Italia nel 2000 su disposizione del ministero della salute per l’avvio del progetto Cronos.

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TITOLO SCORREVOLE (orizz.)

Dott.ssa MARIA CARMELA LECHIARA, RESPONSABILE CENTRO U.V.A. POLO GERIATRICO P.O. di PESCINA

Dott.ssa LECHIARA:  L’obiettivo principale del progetto Cronos era quello di migliorare, in qualche modo, la qualità di vita e di salute del paziente affetto da malattia di alzheimer. Senza dubbio, un merito del progetto Cronos è quello di aver richiamato l’attenzione sulle dimensioni di un problema così importante. Il progetto Cronos ha documentato un valore limitato dei farmacia Anti-colinesterasici, oggi gli unici indicati nella terapia della malattia di Alzheimer.

 

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L’ESPERIENZA DEL CENTRO U.V.A.

Dott.ssa LECHIARA:  Il centro Uva di Pescina inizia la sua attività contemporaneamente agli altri centri di tutta Italia, quindi nel 2000. Successivamente anche sul territorio presso il distretto sanitario di base di Avezzano, questo per favorire il contatto con la popolazione e poi anche per ridurre le liste di attesa. Il centro Uva di Pescina fin dall’inizio ha visto una grande affluenza di pazienti con disturbi della memoria e quindi con sospetto di demenza.  È stato possibile ricorrere a ricoveri in regime di Day Hospital per favorire ed agevolare il paziente nell’iter diagnostico, oppure a ricoveri presso l’unità di geriatria per acuti, per le patologia acute che spesso accompagnano anche la malattia di Alzheimer. La nostra esperienza, comunque, ci ha insegnato che tutto questo è pochissimo per affrontare tutte le problematiche del malato di Alzheimer. Ancora oggi il parente, il familiare stretto, è l’unico che supporta tutto il carico assistenziale. Naturalmente ci sarebbe la necessità di formalizzare tali servizi, così come anche sul territorio avere contatti con le Rsa, che nell’area della Marsica non hanno dei nuclei specifici per i malati di Alzheimer. C’è anche la necessità di attivare Centri Diurni che ad oggi sono fondamentali per la terapia riabilitativa dell’area cognitiva ed anche dei disturbi comportamentali e psichici del paziente. In oltre il Centro Diurno è fondamentale anche per alleviare quello che è il compito assistenziale del familiare che ancora oggi, lo ripetiamo, ha il carico principale, assistenziale per il malato di Alzheimer.

 

 

 

Cartello

L’esperienza Abruzzese:

A.M.A.-A. e CENTRO DIURNO “IL PETTIROSSO”

 

 

Cartello

L’ASSOCIAZIONE MALATI ALZHEIMER ABRUZZO

 

ALESSANDRO D’INCECCO:  L’Ama-a, l’associazione di malati di Alzheimer abruzzese è nata per una semplice esigenza. Io ero il familiare di una malata di Alzheimer, mia madre purtroppo è morta. In quel periodo non esisteva assolutamente niente sul nostro territorio.

TITOLO SCORREVOLE (orizz.)

ALESSANDRO D’INCECCO, PRESIDENTE AMA-A

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ALESSANDRO D’INCECCO:  E’ nata subito l’esigenza di darci da fare, soprattutto per creare un gruppo di familiari che affrontasse seriamente questo problema, nei posti più importanti e decisivi, cioè confrontandoci con le istituzioni.

 

TITOLO SCORREVOLE (orizz.)

L’AMA-A NASCE NEL 1998

ALESSANDRO D’INCECCO:  Abbiamo avuto l’esigenza impellente di essere più incisivi e presenti sul nostro territorio, perché purtroppo la nostra è una regione che sicuramente non brilla di iniziative per quanto riguarda l’assistenza del malato di Alzheimer. L’unica risposta vincente era la creazione di un Centro Diurno. Coadiuvati dagli specialisti siamo riusciti ad aprire un centro diurno a Villa San Giovanni che secondo me è un fiore all’occhiello per tutta la regione, sia per la professionalità delle persone che collaborano all’interno, che per il posto in cui effettivamente si trova.

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ALESSANDRO D’INCECCO:  Ci siamo battuti anche per l’apertura di un altro centro quello di Pescara, che un anno e mezzo fa è stato inaugurato, il Centro Diurno della ex clinica De Cesaris a Spoltore in Provincia di Pescara, dove c’è, appunto, un gruppo di operatori che assistono dalla mattina fino al pomeriggio i nostri malati, con una certa dignità ed una certa professionalità. Cerchiamo di rompere il muro di omertà, diciamo di silenzio, che c’è su questa patologia. Io dico sempre che il malato di Alzheimer deve ancora recuperare la dignità di malato. Noi vogliamo essere un punto di riferimento per intervenire sui problemi che il familiare, o il malato stesso, può avere nei rapporti con le istituzioni, con i presidi sanitari, con l’ospedale, abbiamo creato delle corsie preferenziali per il malato di alzheimer. Cerchiamo di semplificare la procedura dell’accompagno, che è un problema ancora grosso. Cerchiamo di risolvere i vari problemi che purtroppo durante la fase della malattia prima o poi si dovranno affrontare, mettendo un legale a disposizione degli associati.

 

 

 

  Cartello

Centro Diurno “IL PETTIROSSO”

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Dott. Michele Zito:  Le vittime di questa malattia, in genere, sono due. Una è certamente la persona che contrae la malattia, la persona che ha i sintomi i segni e cambia in ragione di questa malattia: grave, evolutiva, per cui ancora non esiste una terapia farmacologica efficace. Su la quale, però, si può impostare, una assistenza, un modello di assistenza, che si basa, proprio, sulle conoscenze delle caratteristiche della malattia.

 

TITOLO SCORREVOLE (orizz.)

DOTT. MICHELE ZITO, RESPONSABILE SCIENTIFICO CENTRO DIURNO "IL PETTIROSSO"; RESPONSABILE U.V.A. REPARTO DI GERIATRIA DEL POLICLINICO COLLE DELL'ARA, CHIETI SCALO; RICERCATORE CATTEDRA DI GERIATRIA UNIVERSITA' GABRIELE D'ANNUNZIO

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Dott. ZITO:  L’altro malato è il familiare stesso, un figlio, una figlia, che vede il genitore trasformarsi. Deve vivere con lui momenti drammatici di agitazione di esplosione di comportamenti aggressivi che non si sa come gestire. Si chiama il medico che non sa che cosa fare, si chiama lo specialista che non si trova, non si sa a chi rivolgersi. È una malattia che spesso provoca nei familiari un senso di disagio, di imbarazzo, addirittura di vergogna, se non dei veri e propri sensi di colpa. Il Centro Diurno è la risposta che da un punto di vista scientifico viene da una lunga esperienza soprattutto nei paesi anglosassoni o nei paesi nord europei. Il Centro Diurno nasce per dare una risposta alle esigenze di assistenza del paziente e del familiare. Esso oggi è in grado di assistere trenta pazienti dalla mattina fino al tardo pomeriggio. I pazienti arrivano con un servizio di pulmino, che li viene a prendere a casa e li riaccompagna a fine della giornata. La giornata nel centro trascorre secondo un programma ben stabilito, ma soprattutto secondo un programma individualizzato per ogni ospite. Per ogni ospite esiste un percorso assistenziale studiato in maniera così particolare, che ogni attività viene valorizzata ai fini riabilitativi, anche il semplice mangiare, osservare come mangia, quali sono le sue abitudini. Spesso pazienti impauriti, agitati, violenti, con problemi del comportamento, nella vita quotidiana del centro riescono a trovare la loro tranquillità, anche con i loro limiti, per esempio quelli del linguaggio.

 

Cartello

UN DOVERE NEI CONFRONTI DEL MALATO DI ALZHEIMER

Dott. ZITO:  Sono persone che hanno creato una storia, un famiglia, hanno dato alla luce dei figli e li hanno resi degni di sentirsi delle persone realizzate. Per cui c’è il dovere di dare nei confronti di queste persone la forma migliore di assistenza. Questo non è l’ospedale, è un qualcosa che va oltre l’ospedale, va oltre le medicine, va oltre tutte le terapie possibili, ma va proprio, in qualche modo, ad intervenire su come si  vive.

 

 

TITOLO SCORREVOLE (vertic.)

  

Realizzato da

 

LUIGI  MICHETTI

 

 

Organizzazione

MARIO  MAZZETTI

MARIA VITTORIA PETROLATI

 

 

Musiche Originali

 

MARCO MALATESTA 

GIOVANNI PELLIZZONE 

 

HANNO PARTECIPATO CON LE LORO TESTIMONIANZE:

FLAVIA CORSETTI

Dr. STEFANO  MAGGI

 

Dr. DONATO ARATARI

 

ANTONELLA  DE SANTIS

 

ANNALISA  DI GAETANO

 

LUIGI MICHETTI

 

Dott.ssa MARIA C.  LECHIARA

 

ALESSANDRO  D'INCECCO

 

Dr. MICHELE  ZITO

 

 

RINGRAZIAMENTI

 

Dr. STEFANO  FULLI

 

LUCA  GASPARINI

 

LUCA IPPOLITI

 

Dr. GIANCARLO  LUCIDI

 

ANTONIO  MEDICI

 

FERNANDO MURACA

 

DANIELE VICARI

 

 

RINGRAZIAMENTI SPECIALI

 

Famiglia  MOSTI

 

Famiglia  MAGGI

 

Famiglia  ARATARI

 

Famiglia  PORRETTA

 

Famiglia  QUARESIMA

 

Famiglie  DE SANTIS

CASTRI e RUGGIERO

MARIA VITTORIA  PETROLATI

Dr. NICOLA  GHEZZANI

CENTRO U.V.A.

P. O.  di  PESCINA

 

COMUNE di PESCINA (AQ)

 

CENTRO DIURNO  

"IL PETTIROSSO"

ASSOCIAZIONE MALATI 

ALZHEIMER ABRUZZO

 

 

UN RINGRAZIAMENTO PARTICOLARE A

 

ASSOCIAZIONE ALZHEIMER MARSICA

 

HELP HANDICAP -  AVEZZANO(AQ)

 

LEGA  ARCOBALENO

 

 

  luigimichetti@altervista.org

http://luigimichetti.altervista.org/epidemialzheimer.html